Montagnaterapia: curandosi in cima
Dieci anni fa muoveva i primi passi il progetto di Montagnaterapia, organizzato in collaborazione con il Cai di Bolzano per persone con problemi di salute mentale. Oltre 600 le uscite organizzate, coinvolte centinaia di utenti dei Centri di Salute Mentale. A Merano l'Avs organizza giornate di arrampicata per gli studenti disabili del Gymme.
Compie dieci anni il progetto di Montagnaterapia di Bolzano, nato da una collaborazione fra il Servizio Psichiatrico del Comprensorio del capoluogo e la Commissione Escursionismo e la scuola di alpinismo del Cai di Bolzano. Il progetto si rivolge a persone con problemi di salute mentale residenti sul territorio o seguite da strutture del servizio pubblico. Oltre 600 le uscite organizzate nel corso di questi due lustri solo nell’ambito del progetto Wander-ful, dalle semplici escursioni – ad esempio sull’Alpe di Rodengo, sull’Alpe di Villandro o alla Malga Tuff di Fiè allo Sciliar – e visite guidate – come quelle ad Artesella o al sentiero dei Pianeti all’osservatorio San Valentino in Campo – alle più sfidanti salite e cime – Cristo Pensante, monte Puez – alle ferrate come l’impegnativa ma entusiasmante salita sulla Roda di Vael, alle ciaspolate invernali e alle slittate sulla neve passando per le gite estive di due giorni con pernottamento in rifugio fino agli allenamenti alla palestra di arrampicata Cube di Bolzano Sud. Prendendo spunto da iniziative analoghe già sperimentate in tutta Italia, il primo progetto di Montagnaterapia della provincia di Bolzano è nato negli anni Duemila a Salorno con il gruppo di Montagnaterapia El Prosac i cui fondatori hanno fatto da pionieri nello sperimentare i benefici fisici e psicologici sui pazienti con disagio mentale delle attività all’aria aperta. Oggi sono centinaia le persone affette da patologie e disabilità psichiche, inviate dalle équipe dei Centri di Salute mentale del comprensorio o dalle strutture che fanno riferimento al servizio psichiatrico (Centro di Riabilitazione Psichiatrica di Bolzano e Salorno, Comunità alloggio, Centro Diurno) che partecipano al progetto Montagnaterapia. I partecipanti sono utenti, operatori psichiatrici e accompagnatori Cai.
Il progetto Wasserläufer è nato nel 2014 per pazienti più giovani per età o per storia di malattia
A Bolzano i progetti sono due. Il primo è quello di Montagnaterapia – Wander-ful (neologismo derivato dalla parola tedesca “wandern” e la parola inglese “wonderful”) di Bolzano è nato nel 2009 grazie all’impegno dei soci accompagnatori Cai Cesare Cucinato, Claudio Rossi e Willy Marchiori. Inizialmente le prestazioni fisiche del gruppo non era molto alto, con gite di 300-400 metri di dislivello, ma col tempo, man mano che il progetto diveniva più avviato e solido, si sono raggiunti e superati i 1.000 metri di dislivello. Il secondo è invece il progetto Wasserläufer (dal nome tedesco dell’animaletto camminatore dalla proprietà di galleggiare sull’acqua senza affondare), nato nel 2014 per utenti più giovani per età (fra i 18 e i 40 anni) o per storia di malattia: si tratta spesso di persone all’esordio dei sintomi. Le uscite in montagna si svolgono una volta al mese per 11 mesi l’anno. D’inverno si va con ciaspole, ramponi o slitta, d’estate si pernotta anche una volta in rifugio. Man mano che si procede con le uscite cresce la solidarietà reciproca, mentre il senso di appartenere a un gruppo coeso insieme ai piccoli progressi fisici dei singoli partecipanti aiutano a mantenere alta la motivazione. La cosa più difficile, come spesso accade, è muovere il primo passo. Un po’ come accade a tutti noi quando, comodamente seduti sul divano di casa nostra, pensiamo: “Ma chi me lo fa fare?” e accantoniamo l’ottima idea di uscire a fare una corsa o anche solo una semplice passeggiata. Per chi soffre di una malattia psichica le resistenze ad adottare uno stile di vita più attivo e salutare sono ancora maggiori. “I nostri utenti hanno bisogno di una persona che li accompagni a fare esperienze nuove. Alcuni sono convinti di non essere in grado di svolgere un’attività sportiva e di raggiungere obiettivi di una certa portata” spiega Petra Bacher, coordinatrice tecnico-assistenziale del Centro di riabilitazione psichiatrica Bolzano/Gries di via Fago.
Il primo progetto di montagnaterapia partì nel 2009 grazie alla sinergia fra alcuni soci del Cai di Bolzano e l'Azienda Sanitaria e il Servizio Psichiatrico della Provincia.
La tesi di master clinico scritta da Bacher oltre dieci anni fa indagava i motivi dell’inattività fisica dell’utenza psichiatrica e i benefici fisici, psichici e sociali che potrebbero invece ottenere persone affette da patologie psichiche attraverso l’esercizio regolare. Nelle conclusioni della tesi si mette a fuoco come sia fondamentale l’offerta di attività fisica regolare da parte dell’istituzione psichiatrica ai propri ospiti, che altrimenti se lasciati a se stessi difficilmente la praticherebbero. Nel 2009 dunque, grazie alla disponibilità di alcuni soci del Cai di Bolzano e al parere favorevole dell’Azienda Sanitaria e del Servizio Psichiatrico, il sostegno di un medico e all’impegno di alcuni operatori del Centro di Riabilitazione Psichiatrica e del Centro di Salute Mentale, il progetto di Montagnaterapia ha letteralmente mosso i primi passi, con gli operatori e il Cai di Salorno che hanno posto le basi per partire con un progetto di ampio respiro. Per dare l’opportunità di allenarsi gradualmente sempre di più e favorire uno stile di vita sano, il team tecnico-assistenziale del Centro di Riabilitazione Psichiatrica e del Centro Diurno di Bolzano/Gries hanno iniziato a organizzare uscite di allenamento che propongono una camminata cinque volte la settimana. L’offerta prevede un’ora di walking in salita a passo moderato sulle passeggiate del Guncina, un’ora di camminata veloce lungo il Talvera verso il Museion e camminata media di un’ora lungo il Talvera fino al ponte Sant’Antonio” spiega Bacher. Un’iniziativa risultata molto utile, perché tutti sono capaci di camminare. Così anche l’escursionismo diventa un’attività alla portata di tutti, con pochi rischi di infortuni. “In ogni caso l’attività deve portare la persona ad un vissuto di successo, nella quale vengono notati in modo chiaro e sensibile l’aumento della resistenza e il miglioramento dello stato di salute generale, nonché il piacere di poter condividere con altri una bella giornata all’aria aperta” prosegue Bacher. Analogamente a quanto accade alle persone cosiddette “sane”, per la persona con disturbo psichico l’attività fisica ha effetti estremamente positivi che si traducono in modo diretto e immediato in una maggiore attivazione generale (partecipazione alla vita), aumento dell’autoefficacia che porta a maggiore fiducia in se stessi (raggiungimento di obiettivi), allo spostamento graduale dei propri limiti e a una maggiore confidenza nelle interazioni sociali.
In un approccio olistico a qualsiasi fenomeno che mini l’integrità psichica dell’individuo, l’obiettivo primario della terapia punta a ricostituire un’idea unitaria di sé a partire dal miglioramento della sua capacità di muoversi e interagire con le persone e l’ambiente. “L’attività fisica all’aria aperta restituisce al soggetto l’esperienza di un’interazione positiva con l’ambiente naturale e sociale che lo circonda, motivandolo a ripetere l’esperienza e modificando di conseguenza anche l’immagine che il soggetto ha di se stesso” spiega Bacher. Al contrario, l’incapacità del paziente a muoversi e ad interagire con le persone e l’ambiente ha enorme influenza (in negativo) sul concetto di sé, la funzione di ruolo e l’interdipendenza dell’individuo. Assieme a questo positivo effetto cognitivo-identitario, un soggetto che slitta, arrampica o cammina all’aria aperta sperimenta anche tutti gli effetti fisici di queste attività: miglioramento del tono e della funzionalità muscolare nonché dell’elasticità di tendini ed articolazioni, aumento della produzione di vitamina D, produzione di globuli rossi con conseguente aumento dell’apporto di ossigeno ai tessuti e dilatazione dei vasi sanguigni con effetti positivi sul processo arteriosclerotico, abbassamento della risposta nervosa di stress (diminuzione della frequenza cardiaca e respiratoria a riposo), miglioramento del livello di affaticamento (abbassamento di adrenalina, noradrenalina e cortisolo), cui si associano un calo del 40% del rischio di malattia coronarica e un aumento delle dimensioni del cuore, con effetti benefici anche sull’economia del respiro e un potenziamento generale del sistema immunitario. L’attività fisica regolare ha inoltre effetti preventivi e positivi nei confronti di ipertensione arteriosa, diabete e colesterolo alto. “Ancora non si sa bene che cosa, del praticare attività fisica, provochi invece gli effetti positivi a livello psichico: se la distrazione dai problemi quotidiani, l’effetto rilassante del riscaldamento muscolare, l’orgoglio di essere riusciti ad impegnarsi o la messa in circolo di endorfine – gli ormoni della felicità – che il corpo produce quando il fisico è sottoposto a uno sforzo. Diversi studi dimostrano comunque che l’allenamento moderato ma regolare aiuta a migliorare i sintomi di stress, ansia e depressione” prosegue Bacher. “Il gruppo diventa uno spazio dove sperimentare la solidarietà, la cooperazione, condividere le emozioni, rendere sostenibili le paure, indagare il confine di dove possiamo giungere ed essere consolati nell’accettare l’idea che più di questo non possiamo fare, per lo meno oggi” spiega Verena Segato, che lavora al Centro di Salute Mentale di via del Ronco a Bolzano e insieme a Jonas Stecher e Martina Graf – anche loro infermieri al Centro di Riabilitazione Psichiatrica di via Fago – è referente del progetto Wasserläufer.
“Ogni anno sono fra i 60 e gli 80 i giovani coinvolti nelle varie uscite. Attualmente gli iscritti sono 18 e a ciascuna uscita prendono parte in media fra i 7 e i 13 ragazzi” spiega Verena Segato
L’idea è stata quella di formulare un’offerta ad hoc per pazienti più giovani, a volte provenienti da ambienti poveri dal punto di vista delle offerte per la strutturazione del tempo libero (ambienti familiari difficili, vissuti di violenza, uso di stupefacenti). La differenza rispetto alle attività del progetto Wander-ful è la proposta di percorsi ancora più impegnativi o di più giorni (dislivelli dai 700 ai 1.500 metri), difficoltà tecniche maggiori e diversificazione nell’offerta (arrampicata sportiva in palestra, ferrate gite speleologiche, ciaspolate, slittate, uscite in notturna). “Ogni anno sono fra i 60 e gli 80 i giovani coinvolti nelle varie uscite. Attualmente gli iscritti sono 18 e a ciascuna uscita prendono parte in media fra i 7 e i 13 ragazzi” continua Segato. In entrambi i tipi di uscita il lavoro viene integrato con gli eventuali trattamenti medici, psicologici e socio-educativi già in atto. “Le attività di Montagnaterapia richiedono l’utilizzo di comprovate competenze cliniche e l’adozione di appropriate metodologie, che riguardano anche la specifica formazione degli operatori e la verifica degli esiti” precisa Segato. Scorrendo i verbali delle uscite si scopre che solo grazie ad esse qualcuno dei partecipanti ha visto per la prima volta la neve o l’alba dalla cima di una montagna. “Oggi ho iniziato con poco entusiasmo ma l’amore per la montagna mi ha aiutata a cambiare atteggiamento e pensiero mentale. La fatica e la salita mi hanno messa a confronto con i miei limiti e le mie debolezze, ma mi hanno aiutata a capire che solo con la sfida e la fatica si ottengono risultati e soddisfazioni. Vedere il Cristo Pensante ed arrivare in cima alla montagna mi ha fatto capire che le mete sono sempre delle conquiste e il percorso per raggiungerle è più importante della meta stessa” ha scritto Ester dopo l’escursione organizzata a settembre 2014. I gruppi che partecipano alle uscite sono misti, utenti e infermieri, amici, parenti, volontari, ma soprattutto gli accompagnatori della commissione escursionismo e della scuola di alpinismo della sezione di Bolzano del Cai, che in qualche occasione organizzano e svolgono le uscite in collaborazione anche con l’Alpenverein Südtirol. “Quando usciamo per queste escursioni, di qualsiasi genere esse siano, dopo un po’ diventa difficile distinguere chi è sano da chi ha un problema psichico. In queste occasioni siamo un gruppo omogeneo accomunato unicamente dalla voglia di stare insieme in montagna” spiega, riprendendo il commento di un’utente, Cesare Cucinato del Cai di Bolzano, che insieme a Willy Marchiori e al collaboratore Claudio Rossi organizza il calendario delle uscite mensili del progetto Wander-ful. Nell’arco dei dieci anni l’attività è stata sempre condotta con risorse proprie, oltre alle offerte di alcuni istituti di credito del territorio: Volksbank e la ditta Silbernagl che hanno contribuito alle spese per alcune escursioni in pullman, e Fondazione Sparkasse, Servizio Psichiatrico di Bolzano e l’azienda altoatesina Salewa per l’acquisto di caschi, imbraghi e set da ferrata utilizzati dal gruppo dei giovani. Per i partecipanti alle attività di montagnaterapia il Cai offre il tesseramento a prezzo ridotto (20 euro invece di 42) e l’imprenditore Heiner Oberrauch, titolare del Salewa Cube di Bolzano Sud, offre loro la possibilità di frequentare gratuitamente la palestra.
Sempre al Salewa Cube, così come alla palestra di arrampicata di Appiano per l’edizione 2018, vengono annualmente organizzate le giornate di ConTATTO verticale, dedicate all’arrampicata dei non vedenti. A promuoverle, in collaborazione con Ulla Walder dall’Alpenverein Südtirol, è l’ex top climber Pietro dal Pra, oggi dipendente di una nota azienda trentina di abbigliamento sportivo da montagna.
Ma anche a Merano qualcosa si muove. Alla palestra Rockarena di Merano gestita dall’Alpenverein Südtirol il responsabile Andi Sanin organizza 10 lezioni l’anno di arrampicata per ragazzi disabili. L’idea è nata proprio da Sanin, docente di educazione fisica al Gymme (Gymnasium Meran) di Merano e in passato allenatore della sei volte campionessa del mondo di arrampicata su ghiaccio Angelika Rainer. Insieme alla sua collega Helene Mathà, Sanin ha deciso tre anni fa di proporre l’arrampicata ai suoi studenti in orario extra curricolare. Oggi sono circa 7 i ragazzi fra i 14 e i 18 anni che circa una volta al mese partecipano alle lezioni di arrampicata alla Rockarena di Merano, con risultati in alcuni casi stupefacenti. “Durante le prime lezioni in palestra naturalmente nei ragazzi la paura è forte. Man mano che prendono dimestichezza con il proprio corpo e con la parete però iniziano a credere di più in se stessi. La maggiore fiducia li porta a ottenere risultati atletici migliori. Questo rafforza ulteriormente la loro sicurezza e personalità. L’effetto dell’attività fisica sugli studenti, in particolare su quelli disabili, si è dimostrato così positivo che noi insegnanti cerchiamo costantemente di far partecipare i ragazzi alla maggior parte di attività fisiche e sportive possibile” prosegue Sanin. Oltre che un modo per acquisire maggiore consapevolezza di sé, l’arrampicata diventa in queste occasioni anche un potente strumento di integrazione. “Una decina di studenti normodotati appassionati di arrampicata ci aiuta ad assicurare i ragazzi disabili in palestra, facendo sì che il confine fra normalità e disabilità si assottigli fino ad annullarsi” conclude Sanin.
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