#3 Autonomia
A otto mesi dalla tempesta VAIA, che ha devastato in Alto Adige 5.900 ettari di foreste, oltre la metà degli alberi schiantati sono stati raccolti. Tutto il legname recuperato è stato assorbito dal mercato. Mario Broll: “La potenzialità dell’ecosistema di reagire si basa proprio sulla biodiversità e sulla sua capacità auto-riproduttiva”.

“Il bosco è come un nonno, ti ascolta sempre, ha pazienza. C’è sempre, protegge il terreno dalle frane, dalle valanghe, dalla troppa acqua, fa un’azione di spugna e lui c’è. Improvvisamente, da un giorno all’altro il bosco non c’è più ed è come se ti mancasse uno di famiglia e come avviene anche per le persone care capisci appieno la sua importanza quando non ci sono più”. Mario Broll, direttore della ripartizione foreste della Provincia, ricorda così la sensazione provata la mattina del 30 ottobre 2018. Nei due giorni precedenti intense correnti di scirocco, potenziate dal passaggio sul Mediterraneo molto più caldo della media, si sono abbattute sul Nordest dell’Italia. Il vento si è incanalato lungo i versanti di molte valli alpine, raggiungendo velocità superiori ai 150 km all’ora. L’evento atmosferico poi ribattezzato “tempesta Vaia” è stato in assoluto il più distruttivo mai registrato nelle foreste italiane. Elaborato a fatica il lutto, dopo otto mesi dopo di intenso lavoro, grazie anche all’efficacia degli strumenti e alla versatilità delle leggi provinciali, oltre la metà degli alberi abbattuti è stata asportata e il processo di ri-forestazione è avviato. “Grazie alla biodiversità del nostro territorio dobbiamo avere fiducia nelle potenzialità della natura, ma anche noi dobbiamo fare fino in fondo la nostra parte”, sostiene Broll.

I danni al patrimonio boschivo nazionale causati da Vaia ammontano a circa 923 milioni di euro e la superficie più gravemente colpita si estende per 42.500 ettari con 8,6 milioni di metri cubi di legname. Una superficie simile è stata interessata da danni parziali e si stima che, complessivamente, i metri cubi di legname abbattuti siano più di 13 milioni. Le aree maggiormente colpite sono nella Provincia di Trento, con oltre 18.000 ettari, e in Veneto, con oltre 12.000 ettari. Seguono la Provincia di Bolzano con 5.900 ettari, la Lombardia ed il Friuli.  I 5.900 ettari della Provincia di Bolzano sono pari all’1,7% della superficie forestale provinciale per oltre 1,5 milioni di metri cubi di legname, per lo più di abete rosso. Sino a questo momento è stato già stato raccolto ed esboscato il 7% mensile della massa legnosa, ciò significa che 7 mesi dopo l’evento è stato raggiunto circa il 50% del prelievo, un risultato molto positivo anche in prospettiva per assicurare la rapida ripresa delle foreste. All’inizio di novembre 2018 l’assessore Arnold Schuler ha indetto il tavolo tecnico allargato con tutti i portatori d’interesse e il Servizio forestale, che ha provveduto ad aprire tutte le strade forestali interessate, ed ha aperto la consulenza per i 2.100 proprietari dei terreni (63% privati e gli altri pubblici). Ad essere colpiti sono stati soprattutto boschi di abete rosso, boschi l’Università di Vienna ha dimostrato scientificamente essere stati in perfetto equilibrio con l’ambiente circostante.

“La sera del 29 ottobre ero alla Centrale della protezione civile in via Druso a Bolzano – ricorda Mario Broll, – perché faccio parte del Comitato della protezione civile e nel pomeriggio è stato segnalato da parte del responsabile della struttura, Rudof Pollinger, un forte vento rilevato dal personale in servizio sul territorio.  Più tardi sono andato in Val di Fiemme, a casa, e ci siamo dati appuntamento per il giorno successivo. Nella serata ho vissuto direttamente queste forti folate che non avevo mai sentito prima. Sono partito molto presto la mattina successiva alle 5 di mattina per prendere parte alla commissione della Protezione civile alle 8, ma era già chiaro che eravamo davanti ad un fenomeno nuovo. Nelle prime ore della mattinata sono arrivate segnalazioni di zone particolarmente colpite in Val Pusteria e Val Badia. Il primo pensiero è stato quello di verificare le eventuali perdite umane e purtroppo nella nottata il vigile del fuoco Giovanni Costa, di 52 anni, di San Martino in Badia, aveva perso la vita durante la tempesta Vaia nel corso di un intervento di soccorso. Oltre a questo grave lutto non vi sono stati altri danni a persone o infrastrutture.  Verso mezzogiorno del 30 sono salito sull’elicottero della Protezione civile ed ho fatto un giro di perlustrazione soprattutto nella Bassa Atesina ed in Val Gardena. È stato impressionante vedere la zona del Latemar, dove ho svolto la mia formazione presso la Scuola forestale, lì sono cresciuto professionalmente, ho fatto le esercitazioni, conoscevo praticamente ogni singolo albero. A Trodena ho fatto i piani di gestione forestale quando ero un giovane pianificatore e sinceramente mi piangeva il cuore a sentire il rumore del vento quella notte a casa e vedere cosa era stato in grado di fare. In quei momenti capisci la relatività di tutte le nostre considerazioni”.

Placata la tempesta l’esigenza primaria è stata quella di recuperare, in sicurezza, senza danni fisici agli operatori, la maggior parte del legname caduto a terra per poter ripristinare l’efficacia idrogeologica e di protezione dei boschi. Il recupero è necessario anche perché il legname a terra con la situazione meteorologica attuale dà origine alla pullulazione di parassiti e quindi c’è il rischio di trasporre questo attacco anche al resto del bosco rimasto in piedi. Sono state quindi attuate tutte le azioni per aprire al transito le strade forestali e questo è stato fatto in amministrazione diretta. Sono stati creati, grazie agli operatori locali, dei bacini di esbosco del legname dove tra i proprietari si è concordato quali fossero le ditte autorizzate ad esboscare il legnale anche oltre i confini di proprietà in modo tale da consentire il transito. Una volta conosciute le esigenze di accessibilità è stata aperta la viabilità forestale accessoria, sono stati creati dei bypass e dei sensi unici per permettere ai camion di muoversi in un unico senso per non incrociarsi sulla viabilità forestale. Quindi le ditte e gli operatori hanno potuto iniziare a lavorare in sicurezza con macchinari moderni harvester (20) e forwarder (17). Il 63% della superficie viene gestito da questi macchinari ed il 37% è da esboscare con le gru a cavo. Sono state create anche numerose teleferiche, 463 tracce in tutto. Grazie ad un apposito software gli operatori forestali quotidianamente aggiornano la mappa di queste teleferiche ed a fine giornata il quadro completo del geo-browser può essere scaricato dai piloti degli elicotteri.

Il personale forestale è intervenuto in 121 siti per una spesa totale di 3,5 milioni in pronti interventi per ripristino della viabilità. Gli operatori boschivi attualmente impegnati sono 66 ma nei momenti di maggiore emergenza hanno raggiunto anche le 200 unità. È previsto un aiuto ai proprietari boschivi a compensazione dei maggiori oneri e per questo scopo è stato dato il via libera da parte della Commissione europea a un intervento per il 2019 per circa 12 milioni di euro. Per i progetti di ripristino immediato della funzione protettiva dei boschi sono stati stanziati inoltre 7,4 milioni. L’obiettivo prioritario è quello di mantenere la stabilità e la fertilità del suolo forestale. “Puntiamo molto sulla capacità rigenerativa propria della foresta con la disseminazione naturale ed aiuteremo questo processo”, afferma Broll. I vivai del Servizio forestale provinciale si sono attivati immediatamente per aumentare la produzione di piante. È stata potenziata la raccolta degli strobili di abete rosso e larice e verificato il rifornimento di sementi anche per pino cembro e abete bianco. L’obiettivo è quello di far fronte ad un aumento del fabbisogno per circa 2 milioni di piantine forestali nei prossimi 2-7 anni. Si cercherà naturalmente di ottenere provenienze dalle aree schiantate. L’obiettivo è quello di creare un bosco misto intervenendo su circa 1.000 ettari con l’aiuto artificiale.

 

Essere riusciti ad esboscare il 50% degli schianti dopo sette mesi è un risultato ottimale raggiunto grazie alle leggi provinciali che hanno consentito di agire prontamente, grazie agli incontri con tutti gli stakeholders, alla definizione di un piano d’azione condiviso dove tutti hanno fatto la loro parte. C’è stata una concomitanza di fattori favorevoli – compresa la poca neve –  unita all’indubbia capacità operativa della gente sul posto che hanno fatto sì che fosse compiuto questo grande lavoro di squadra.

Tutto il legname recuperato è stato assorbito dal mercato, soprattutto da quello austriaco in un raggio massimo di 250 – 300 chilometri. Il larice ed il pino cembro per il momento hanno mantenuto i loro prezzi. Si è registrato un calo sostanziale, anche del 30 – 40%, per quanto riguarda l’abete rosso. È fondamentale i questa fase riuscire a limitare al massimo i danni causati dai parassiti del legno.

Secondo Mario Broll è possibile che la tempesta Vaia sia una pesante manifestazione nella nostra provincia del cambiamento climatico in atto a livello globale. Ma non si tratta certo della prima. Ad esempio la temperatura media in Val Venosta negli ultimi 80 anni è aumentata di 1,5 gradi centigradi. Ciò significa, all’incirca, che piante cresciute 100 anni fa nelle condizioni climatiche ottimali dovrebbero ora spostarsi ad una quota più elevata di 300 metri. Mezzo grado in questo contesto corrisponde, infatti, ad una differenza di quota di 100 metri. Se si combina questo dato a livello macro territoriale con la nuova distribuzione delle precipitazioni, che nella media annua possono essere rimaste simili ma si sono spostate verso gli equinozi, ne ricaviamo un quadro preoccupante: più caldo in estate, ma anche meno acqua proprio nel momento in cui le piante, soprattutto le conifere, ne avrebbero più bisogno. Anche in inverno, in media, si registrano meno precipitazioni nevose, quindi c’è meno acqua residua in primavera per avviare l’attività vegetativa. Ciò comporta un maggiore stress per le piante sia in estate che inverno. Aumentano parallelamente gli estremi di piovosità e di temperatura, l’evento diventa quindi più estremo, come ad esempio il vento di fine ottobre. Dobbiamo perciò aspettarci il ripetersi di questi eventi che mettono a dura prova l’equilibrio naturale. “La nostra fortuna – conclude Broll – è che abbiamo a disposizione 49 varietà di piante arboree, oltre 110 tipi forestali naturali, oltre 1.000 piante arbustive e quindi la potenzialità dell’ecosistema di reagire si basa proprio su questa biodiversità e sulla sua capacità auto-riproduttiva”.

Focus

http://lp.provincia.bz.it/2019/abeti-di-risonan…o-foreste-03-bis/

 

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