#1 Innovazione
Al NOI TECHPARK è stata inaugurata la nuova rivoluzionaria struttura che permette di simulare spedizioni a grandi altitudini e condizioni climatiche per per le piante.

Esiste un luogo in cui è possibile far crescere una pianta nelle stesse identiche condizioni che si possono trovare sull’altopiano del Salto, sopra Bolzano, ,o in Tibet ad un’altitudine di 4.000 metri. Si può riprodurre lo stesso livello di umidità, le temperature, i minuti di luce e la sua intensità in un preciso giorno dell’anno, e fare esperimenti per vedere come reagirà ai cambiamenti climatici. A qualche metro di distanza, inoltre, chiunque sia in buona salute può vivere una settimana assieme ad altre 11 persone come se si trovasse al campo base dell’Everest, o, spingersi ancora più su, fino a 9.000 metri, dormendo in una tenda, e risvegliarsi al mattino a -20° dopo una fitta nevicata. Quel luogo, unico al mondo, lo ha progettato e realizzato Eurac Research, si chiama terraXcube , ha sede al NOI TECHPARK, appena dietro il Black Monolith, ed è stato inaugurato il 30 novembre 2018. Un’opera ciclopica non tanto nelle dimensioni, quanto nello spirito innovativo che incarna. Il tutto con un investimento relativamente contenuto: 4,5 milioni. L’idea, la progettazione e in gran parte la costruzione sono tutte altoatesine.

Al piano interrato dell’edificio di via Volta, dove si trova lo Small Cube, l’incubatore che servirà soprattutto per i test sulla flora alpina e si “spinge” solamente fino a 4.000 metri di quota. È suddiviso in 4 piccoli compartimenti autonomi di 27 metri cubi ciascuno.

“I led nel soffitto – spiega Andrea Nollo che ha seguito lo sviluppo del cantiere per Eurac Research – riescono, per dire, a riprodurre lo stesso livello di illuminazione che colpisce le piante di notte, per esempio a San Genesio, in un dato momento dell’anno”. La mega-porta in metallo pesa oltre 500 chili ed è in grado di resistere ad una pressione di 4 tonnellate al metro quadro (corrispondente ad un’altitudine simulata di 4.000 metri). A differenza di una normale camera ipobarica – in Italia ve ne è una a Pratica di Mare, e viene usata per l’addestramento dei piloti dell’aeronautica militare in condizioni di ipossia – quelle di terraXcube sono anche climatiche, possono raggiungere temperature che vanno da -40°C fino a +60°C e simulare diverse condizioni atmosferiche. Tutte le camere, quelle dello Small Cube e del Large Cube, sono state costruite con particolari accorgimenti in modo da rendere il calcestruzzo completamente ermetico all’aria. Sotto i piedi, invisibili corrono cavi elettrici enormi in grado di “trasportare” complessivamente 1 megawatt di potenza che servirà ad alimentare i vari impianti utilizzati dai due Cubes. L’estate scorsa si poteva ancora vedere come il Large Cube fosse semplicemente appoggiato al solaio che lo accoglie in una specie di vasca. Tra i Large Cube e la vasca nel solaio è stato interposto un materiale antivibrante speciale per evitare che eventuali vibrazioni possano trasmettersi a tutto l’edificio.

Il cubo principale può simulare un’altitudine di 9.000 metri e raggiungere temperature che si trovano al Polo o in altissima montagna o nel deserto. Il Large Cube con i suoi 360 metri cubi è in grado di ospitare fino a 15 persone per 45 giorni e oggetti (ad esempio un mezzo pesante) fino a 40 tonnellate. All’interno del Large Cube è possibile diminuire l’intensità luminosa fino ad un valore prossimo allo zero per simulare ad esempio il ciclo della luce diurna e notturna. Il portone principale di quattro metri per cinque pesa 5 tonnellate ed è capace di resistere a una pressione di 7 tonnellate al metro quadro. Vetri speciali separano la camera principale dalla control room, che è comandabile via tablet. In un lato sarà anche possibile

allestire una parete da arrampicata.

Per permettere di entrare ed uscire dalle camere di test del Large Cube e dello Small cube senza interrompere il test stesso, è stato previsto per ciascuna camera un ambiente particolare, una camera di decompressione, chiamata in gergo airlock. È un vero e proprio ascensore che può salire e scendere di quota connettendo stanze a quote diverse. Si può entrare nell’airlock, chiudere la porta, e dopo poco più di 8 minuti di attesa, uscire dall’airlcok ed entrare nella camera di test che si trova ad una pressione equivalente a 3.000 m.

Ma concretamente in quali ambiti potrà essere usato il terraXcube? “Uno dei maggiori campi di applicazione – spiega Christian Steurer, responsabile del progetto – sarà nel settore medico. I defibrillatori, ad esempio, funzionano bene in condizioni normali. Ma in alta montagna, a -20 o a -40, come si comportano? Questo è uno dei test che potrà essere svolto nel Large cube, da un’equipe medica di alta montagna, e saranno diverse le apparecchiature ad essere testate”. Il terraXcube ora è pronto sarà ma reso operativo gradualmente. Nei primi mesi gli esseri umani non vi entreranno per effettuare sperimentazioni. Si faranno test su macchinari, anche di grandi dimensioni, apparecchiature industriali, tessuti, ma anche gadget elettronici.

“I cellulari, quando si va sottozero, si spengono. Nella camera si potrà testare ad esempio come si comporta uno schermo LCD a grandi altezze”, spiega Steurer. “Essendo una struttura unica nel suo genere – continua – dovremo fare una lunga serie di test ed usare ogni precauzione. Quando sarà superata l’altitudine di 5.000 metri nella camera dovrà essere sempre presente un medico, dovremo fare delle prove per vedere in che tempi si riesce a prestare soccorso nell’eventualità che qualcuno si senta male, simulazioni di incendio e vedere in che tempi possono essere fatte uscire le persone, anche se, in teoria, essendoci meno ossigeno, la camera potrebbe essere uno dei luoghi più sicuri”. Uno tra i primi progetti ad essere concretizzati ha per protagonisti i droni e vede la collaborazione tra la Mavtech, spin-off company del Politecnico di Torino che ha sede al NOI Techpark, e la Soleon di Varna. “Un drone – spiega Michael Überbacher della Soleon – che a 400 metri di altitudine può trasportare un peso di 2 kg, a 2.500 metri, a causa della diversa pressione atmosferica, non ce la farà. Così come sappiamo che a temperature più alte i droni riescono a trasportare pesi maggiori oppure che in caso di alta umidità e temperature basse si può formare la brina sulle pale. Come reagiscono le macchine in simili condizioni? In una struttura come il terraXcube – conclude Überbacher – saremo in grado di fare tutti questi test ed è un passo davvero fondamentale per lo sviluppo delle nostre macchine”.

Quando saranno stati verificati tutti i parametri di sicurezza, a partire dalla fine del 2019, si potranno simulare spedizioni sull’Everest per una dozzina di persone, monitorando in ogni momento il loro stato di salute, facendo svolgere attività sportiva, facendo regolarmente le analisi del sangue e tutti i test necessari. Si potranno simulare soccorsi in montagna con l’elicottero a 7.000 metri e un’equipe medica si potrà allenare per effettuarli.

Un test che può suscitare parecchio interesse nella comunità scientifica è già stato pianificato nello Small cube. Due camere simuleranno le condizioni climatiche per vegetazione da pascolo nei mesi di luglio e agosto in media montagna (1.500 metri) e due camere in ambiente alpino a 2.400 metri. Per ogni altitudine una delle due camere simulerà le condizioni attuali con i dati messi a disposizione in tempo reale dalla centralina in val di Mazia e nell’altra la temperatura sarà invece alzata di 5 gradi per 20 giorni. La simulazione dei periodi di pioggia sarà effettuata con acqua piovana raccolta in un apposito serbatoio, in modo da avere una pioggia con una composizione chimica realistica. Al termine dell’esperimento si potrà avere idea di quali effetti può avere il riscaldamento terrestre sui pascoli nelle Alpi. Scusate se è poco.

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