Dal "monolite nero" le idee per l'Alto Adige di domani
Il NOI Techpark è il simbolo del fruttuoso dialogo tra passato e presente, con il potenziale di diventare landmark della città di Bolzano.
Nel 2007 Mariusz Waras era solo un promettente artista polacco di 29 anni. Quello, però, fu un anno di svolta: a Bolzano lasciò un segno destinato a diventare un landmark della città. Simbolo del dialogo fertile fra passato e futuro, di una terra capace di raccogliere l’eredità di ieri per costruire un solido domani, la torre-serbatoio della fabbrica Aluminia si è trasformata oggi in un’opera d’arte urbana. Negli anni Trenta l’azienda metallurgica, affiliata alla Montecatini, vi accumulava l’acqua in pressione per la lavorazione della bauxite da trasformare in alluminio per il mercato e, poco più tardi, per rifornire l’industria bellica. Oggi la torre, ricoperta da una ragnatela di graffiti bianchi e neri ispirati alla street art, vive una nuova giovinezza grazie all’opera di Waras, artista noto a livello internazionale come M-City. Intorno al serbatoio non si affollano più operai dalle mani callose ma ricercatori universitari e imprenditori innovativi. La sua forza attrattiva non si è attenuata, ma il suo magnetismo non deriva più dalla promessa di un salario dignitoso bensì dalla prospettiva di far crescere attorno a sé un campus dell’innovazione popolato da cervelli d’eccellenza e strumentazioni all’avanguardia. Invariata è rimasta l’energia innovativa che gravita intorno ad essa: già alla sua inaugurazione nel 1937 l’Aluminia era il più grande stabilimento del suo genere in Italia e contava 100 dipendenti. Ma fu durante la Seconda Guerra Mondiale che l’attività esplose letteralmente: nel 1943 la fabbrica impiegava 1.700 persone e con i suoi 560 forni era in grado di produrre annualmente 22.000 tonnellate di alluminio, pari a due terzi dell’intera produzione italiana di alluminio dell’epoca.
Oggi il NOI Techpark, il parco tecnologico di Bolzano, si estende su un’area di 12 ettari destinata a ospitare edifici su 750.000 metri cubi: l’equivalente in volume di oltre 1.600 appartamenti residenziali. Il futuro che Stanley Kubrick ha tratteggiato nel suo “2001, odissea nello spazio” ha ispirato la trasformazione architettonica dell’edificio razionalista all’interno del quale si svolgeva la lavorazione dell’alluminio, grazie alla copertura nera che in questo materiale ha realizzato per l’edificio principale il team costruttivo, una collaborazione internazionale fra Claudio Lucchin & Architetti Associati (anche direttore dei lavori) e lo studio italiano del gruppo Chapman Taylor. L’edificio diventa così anch’esso un simbolo: quello dell’Alto Adige green region. Il sigillo è arrivato grazie al Green Building Council, che ha conferito al NOI – primo complesso in Europa e secondo al mondo a ricevere questo riconoscimento – la certificazione LEED ND v4:Plan Gold. Il protocollo riguarda la progettazione energetica e ambientale dei singoli edifici ma anche dell’intero quartiere, valutando sostenibilità complessiva partendo dai materiali di costruzione fino alla qualità della vita nel quartiere e considerando anche la mobilità sostenibile per ridurre le emissioni e la facilità dei percorsi ciclo pedonali.
Perché il NOI non è soltanto ricerca e innovazione. E’ anche la casa aperta di una comunità, dove studenti e ricercatori possono giocare a basket dopo il lavoro, incontrarsi negli spazi di coworking per sviluppare nuove idee, pranzare insieme nei ristoranti del campus e, in futuro, portare i propri bambini nell’asilo aziendale che sarà pronto nel 2019. Da un anno a questa parte, a partire da ottobre 2017, il NOI Techpark ospita quotidianamente eventi e conferenze di respiro internazionale che attirano a Bolzano i cervelli più illuminati dei settori di ricerca più diversi: dall’informatica dei big data e del machine learning all’architettura sostenibile dei progetti che coniugano risparmio energetico ed eleganza costruttiva, dalle nuove frontiere dell’industria alimentare – con impianti per la sperimentazione di nuovi tipi di cibi fermentati e da forno – alle applicazioni della robotica e della sensoristica in campo industriale. E’ questo l’humus fertile nel quale germogliano le idee grazie all’attività di una trentina di startup incubate, oltre 20 tech companies, sei istituti di ricerca (Unibz, Centro Laimburg, Eurac Research, Agenzia CasaClima, Istituto Fraunhofer Italia e Eco-research) che gestiscono una trentina di laboratori altamente specializzati (fra cui quelli dell’Agenzia provinciale per l’ambiente) e che coprono tutti i settori di eccellenza dell’economia altoatesina: dalle tecnologie alpine al green, dal food all’Ict&automation.
Sono state approvate anche la realizzazione della nuova sede della Scuola di formazione dei maestri artigiani di lvh.apa, quella dell’Istituto di Biomedicina di Eurac e della facoltà di Ingegneria di Unibz: le ultime due saranno pronte nel 2022. Nei laboratori di Biomedicina i ricercatori, guidati dal professor Peter Pramstaller, indagano i meccanismi all’origine delle malattie e studiano come la predisposizione genetica, i fattori ambientali e lo stile di vita individuale influenzino lo sviluppo delle patologie. La facoltà di Ingegneria invece punterà sull’elettronica e sulle integrazioni della ricerca accademica con l’evoluzione industriale. Per toccare con mano l’innovazione che diventa realtà basta attraversare l’areale di Bolzano sud e visitare i suoi uffici, come fanno ogni mese una media di 500 persone fra delegazioni italiane e straniere, studenti delle scuole altoatesine e semplici curiosi. Solo nei primi sette mesi del 2018 – da gennaio a luglio – sono stati 3.500 i visitatori del parco tecnologico, di cui oltre un migliaio studenti delle scuole della provincia. “Le richieste crescono costantemente, tanto che abbiamo organizzato anche incontri con le intendenze scolastiche per promuovere fra gli studenti la conoscenza del parco, dei progetti che ospita e per mostrare le opportunità di ricerca e lavoro che gli studenti hanno a disposizione per il proprio futuro” spiega Sepp Walder, head of Services&Monitoring del NOI Techpark.
Visitando i vecchi capannoni, animati oggi di nuova vita, si scoprono aziende come Thimus, che studia i meccanismi neuronali del consumatore e li sfrutta in ambito commerciale per soddisfare i desideri degli utenti, o Mirnagreen, che per prima al mondo ha scoperto il modo di produrre estratti a base di microRna (piccole molecole necessarie alla sintesi delle proteine e alla trasmissione del patrimonio genetico all’interno delle cellule degli essere viventi) di frutta e ortaggi per contrastare l’insorgere delle infiammazioni alla base di malattie come il diabete e il cancro. Allo spazio guarda invece Mav – Micro Aerial Vehicles Technology, spin-off del Politecnico di Torino fra i primi a occuparsi di droni e tecnologie aerospaziali collegati all’industria, mentre sull’energia si concentrano tech companies come la trevigiana BHI, che mira a recuperare l’energia dai rifiuti in breve tempo, la bergamasca DRIWE, che propone soluzioni complete dedicate all’autoproduzione e alla gestione dell’energia elettrica, o ancora la Kofler Energies, società ingegneristica germanica leader nello studio di strategie per l’approvvigionamento energetico futuro, o la Be-Smart, crossover bolzanino-partenopeo che sviluppa soluzioni per la gestione intelligente di risorse, per l’e-share e per un futuro sostenibile.
"L'idea space del NOI offre possibilità di scambio con altre startup, istituti di ricerca e universitari, creando le condizioni affinché grandi idee si trasformino in startup di successo". Petra Gratl
Il loro insediamento a Bolzano, insieme a quello di tech companies di respiro internazionale, si deve anche al contributo dell’incubatore d’imprese di IDM, già TIS Innovation Park, che proprio quest’autunno festeggia i vent’anni di attività con 137 aziende accompagnate nel processo di sviluppo dalla sua fondazione nel 1998. Il successo sul mercato delle idee accompagnate dall’incubatore arriva all’85%: a tanto ammonta la percentuale di imprese che dopo cinque anni dalla nascita sono ancora attive sul mercato. Le 106 aziende che da startup si sono trasformate in “graduates” – imprese “adulte” – hanno raggiunto complessivamente nel 2017 un fatturato di 82 milioni di euro, impiegando 415 persone e lavorando con un totale di 24 brevetti. Solo nel 2017 l’incubatore ha seguito lo sviluppo di 31 startup e ne ha insediate 9 di nuove, per un fatturato complessivo di 3,6 milioni di euro e 143 occupati. Nel novembre 2017, un mese dopo l’inaugurazione del NOI, è arrivato anche l’apertura dell’Idea Space, un ambiente per il confronto e l’elaborazione “guidata” di progetti imprenditoriali a partire da un’idea di business innovativa. “Grazie alla sua posizione all’interno del NOI, l’Idea Space offre possibilità di scambio con altre startup, istituti di ricerca e universitari, creando l’ambiente ideale affinché “grandi idee” si trasformino in startup di successo” spiega Petra Gratl, responsabile dell’incubatore d’imprese di IDM. «Oltre allo spazio offriamo agli aspiranti startupper servizi di tutoring con esperti e workshop dedicati a temi diversi, organizziamo momenti di contatto con potenziali partner e promuoviamo la creazione di una community grazie all’organizzazione di diversi eventi» conclude Gratl.
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